U. D. Manoscritto
Franca Brambilla Ageno
Appunti, dialetto mantovano (cc. 2-11)
1959
1978
9 cc.
Si descrivono qui alcune pagine di un quaderno con intestazione “Dialetti”, contenente appunti autografi di Franca Ageno sul dialetto mantovano. Tale parte di documento è stata presa in considerazione per esemplificare in quale modo la studiosa si dedicasse alla descrizione delle caratteristiche dei dialetti da lei studiati.
cc. 2-11 (Mantovano):
C. Salvioni, “Di un documento dell’antico volgare mantovano”, in RIL, S. II, vol. XXXV, 1902, pp. 957-70.
Esamina i passi, pubblicati da V. Cian (“Ubaldo Belcalzer e l’enciclopedismo italiano delle Origini”, Giorn. stor. d. lett. it., Supplem. N. 5, Tor., 1902) della traduzione di Bartolomeo Anglico, “De proprietatibus rerum”, dovuta a Vivaldo Belcalzer, notaio mantovano spentosi, ormai vecchio, intorno al 1310. Il Cian rintracciò nel British Museum l’archetipo, il testo, che, per esser quello presentato da Vivaldo al suo signore Guido Bonacolsi, può considerarsi quasi come una autografo. Circostanze certo di grande momento (il trattarsi di un testo quasi come un autografo. Circostanze certo di grande momento (il trattarsi di un testo quasi autografo, sorto sicuramente a Mantova, e per virtù d’un mantovano., con data sicura e relativamente remota), e che assicurano in ogni modo alla fatica del Belcalzer un posto a parte. Ma nel caso concreto, la loro importanza è piuttosto negativa; servono a dimostrarci che anche un documento perfettamente in regola quanto al suo stato civile, poco possa talvolta – grazie al lavoro di ripulimento e di levigazione dello scrittore, grazie all’influenza del linguaggio letterario (quello allora invalente nella valle del Po), rivelarci intorno ai caratteri idiomatici locali. È anzi curioso che questi caratteri risaltino assai meno nel Belcalzer, che non, per esempio, in Bonvesin o in Giacomino da Verona. Se, infatti, noi esaminiamo anche superficialmente le opere di questi autori, subito ci si accorge che si tratta di scritture nate queste a Verona, quelle a Milano. I caratteri distintivi di questi dialetti s’intravedon subito, malgrado le ricostruzioni, malgrado la patina aulica alto-italiana, che certo abonda anche lì. Ma quanto più sbiadito di loro il Belcalzer! Se noi non sapessimo ch’egli è di Mantova e, ignari di ciò, sottoponessimo a un esperto il quesito di sapere quale dialetto dell’Alta Italia rappresenti la sua versione, dubito assai che il costui sguardo avesse mai a fissarsi su Mantova; tuttalpiù, e sempre tenendo conto delle condizioni di poca sincerità linguistica di tutta la letteratura medievale alto-italiana, avrebbe egli dato la preferenza a un territorio che può comprendere sì Mantova, ma anche Cremona e Parma e Reggio, e, in una certa misura, persin Brescia [Il Cian, p. 141, sembra far molto calcolo del fenomeno […]. Il Belcalzer è certo stato, per questo lato, assai sincero. Ma il fenomeno in sé non è peculiare di Mantova. Si può poi chiedere come mai quello scrittore che ha rispettato la sua parlata, l’abbia poi tanto sdegnata nel fenomeno della riduzione dei nessi pl cl, ecc. Son contraddizioni che si incontrano a ogni piè sospinto anche in altri scrittori, e la cui ragione certo sfuggiva anche alla conoscenza di questi]. Con che si viene anche a dire, però, che quello stesso esperto, ove gli fosse stata posta la quistione di sapere se il dialetto di Belcalzer contraddica a Mantova, avrebbe risposto in modo negativo. La qual cosa, e malgrado tutto, basta a toglierci ogni dubbio intorno alla concreta origine degli scarsi elementi locali nell’idioma del Belcalzer, elementi che studiamo più in là… e rendono degna del maggior interesse la versione mantovana dell’opera di Bartolomeo Anglico. Ma la ragione di questa mancanza di risalto andrà essa cercata solo nel Belcalzer, nella sua coltura, nella materia poco arrendevole che aveva tra mano, nella lingua aulica cui attingeva? O non andrà essa in parte attribuita allo stesso dialetto di Mantova? [Presumendo dal supposto che il dialetto mantovano abbia dal Medio Evo ad oggi mutato di base: come dal Giacomino (AGI XV 403) è affermato che l’abbia mutata Asti e come altrove (Boll. Soc. pav. St. p. II, 205-6) è dimostrato che l’abbia mutata Pavia]. Si potrebbe crederlo. Il mantovano è sì un dialetto schiettamente emiliano nella sua essenza; ma molto tramezza tra i dialetti che lo ricingono soprattutto da occidente e da mezzogiorno e un po’ anche nella direzione del Garda. Un tratto veramente caratteristico della parlata mantovana non saprei io scorgere, e essa meglio si descriverebbe combinando insieme tratti positivi e negativi delle parlate vicine. Se da queste condizioni di cose possa venir qualche luce al ben noto e controverso passo dantesco (“De vulgari eloquentia”, I, 15), veda chi ne sa più di me.
Osservazioni fonetiche, morfologiche e lessicali [...]
Osservazioni fonetiche
Vocali toniche 1 – ‘erbor’, albero; ‘elt’, alto. Son due esempi che si riodono nel mantovano rustico [mantovano rustico ‘elta’ = mantovano urbano ‘alta’, altura. E ‘alt’, alto, trovo pure in un documento a stampa del dialetto mantovano rustico], e ritornan in più altri luoghi dell’Alta Italia. Per l’ ’e’ del secondo, io penso all’influenza di ‘erto’… - L’ ‘e’ di ‘-éf’ […] nella 1a singolare del condizionale, di fronte all’ ‘-áf’ delle altre voci; è vicenda anche milan, ecc.;deve ripetersi dall’ ‘-ī’ di ‘habuī’.
2. Parmi di dover dubitare dell’ ‘oltr’, altro, che il Cian allega s. ‘altr’ e s. ‘oltro’. Infatti, in questo secondo passo, è citato, come esempio, un ‘oltro’ che può solo spiegarsi per ‘oltre’.
3. Il dittongo dell’ ‘ĕ’ è in ‘diese’ 118,’fiel’ fiele; coi quali esempi vada anche ‘mestiera’. L’odierno mantovano ha sempre il primo ‘e’, e vi aggiunge il numerale ‘sié’, sei,e ‘insiem’, per quanto si tratti di un dittongo terziario, come in ‘sparaviera’, per il cui significato metaforico, v. il Vocabolario mantovano dell’Arrivabene [‘Cattimiel’ panna montata ha il Vocabolario mantovano del Cherubini… - Ma al dittongo ‘ie’ deve pure rinvenire il monottongo ‘i’ di ‘dridietro’, ‘ira’ era, ‘volhintira’ volentieri, della versione mantovana della novella boccaccesca del Salviati, cui veramente si può accordare maggior fiducia che non faccia il Cian.. E il monottongo si rivede per avvent nel mantovano ‘níbi’ ebalum e nel contad. ‘pansir’ (cfr. ‘pensira’ e ‘sentiria’, sentieri, nel Folengo). Pensiero del Cherub. – Per la storia del dittongo ‘ie’ nel mant., non sarà poi senza interesse ricordare che l’ ‘ie’ secondario di ‘pief’, pieve, compare come con ‘e’ nel nl. ‘Pef’ = Pieve di Coriano].
4. ‘spito’ spiedo, ‘desín’ decimo, ‘sesín’ sesto, ‘novin’ nono (cfr. antico lombardo ‘dexeno’, ‘sexeno’) [cfr. ‘zinopūn’ quinto, ‘sesí’, seti, ‘-in’ in testi antichi bergamaschi tuttora inediti] ci rappresenteranno certo il fenomeno di ‘e’ (e ‘duodexen’ ha lo stesso Belcalzer in una delle tavole fac-simile) in ‘i’ [Qualche traccia del fenomeno pure nell’odierno mantovano: ‘arborida’, albereto; ‘pivar’, pepe; ‘pir’, pero (con cui andrà forse ‘tira’ corrispondente al ‘tera’ (…) dello stesso mantovano e d’altri dialetti; ‘tera’ in Bonvesin. Gli ultimi due esempi (e ‘tira’) sono nel Cherubini, che li dà come contadineschi. La versione salviatesca ha ‘Gotfrí’ Goffredo e ‘voriu’ vorrei, che corrisponderà a ‘vorèf’; inoltre: ‘dispiasí’, ‘possí’ potere, ‘volí’, ‘scíva’, ‘possiva’, ‘fasiva’. Nel Folengo, ‘mísa’ madia “mensa” (mant., ‘mésa’)], così come ce lo rappresentano ‘-ir’ = ‘-ére’ (‘sedir’, ‘parir’, ‘plaxir’, ‘vedir’, ‘savir’, ‘avir’, ‘zasir’, ‘podir’, ‘volir’) e ‘-iva’ = ‘-eba-‘ (‘saviva’, ‘fidiva’ fiebat, ‘fadiva’ faceva). Di ‘artaria’, arteria, penso che sia ‘artarìa’ […].
5. ‘festola’ fistola, ‘veredich’ veridico, ‘opremer’, ‘repremer’, coll’ ‘e’ di ‘premere’; ‘boter’ burro; ‘parletich’ paralitico (antico italiano ‘parlético’). ‘Ombreia’, ombra, potrebbe essere la spia d’un fenomeno fonetico (‘-éia’ = ‘-ia’; cfr. ‘ombríamant’, lombardo, ecc.), ma anche si pensa ad altro [Il friulano ha ‘ombréne’, e in ‘ombreia’ potremmo avere questa forma disposatasi a ‘ombría’. Anche potrebb’essere ‘ombreia’ il deverbale di ‘ombreuer’, ombreggiare (Parodi, Miscell., Ascoli, p. 457 sgg.]. ‘Prençep’, principe, coll’ ‘e’ nella voce francese.
6. ‘cuor’ – ‘cunça’, ‘acuinz’, ‘acunça’, concio, ecc. (…) Ancora ha il mantovano ‘cunz’, ‘cunzar’ e l’ ‘u’ o si ripeterà dalle arizotoniche, o sarà per influenza dell’ ‘i’ nell’iato [Un esempio mantovano dell’ ‘i’ di iato che determina la tonica, avremo anche in ‘nicc’, elce, ‘ilicŭlae’].
7. ‘Lom’ accanto a ‘lum’. Andrà col mantovano ‘brogna’, prugna, da una parte, e pur col mantovano ‘grena’, crine, dall’altra (…) – ‘miscol’ muscolo [Nel bergamasco, è ‘mésquel’, muschio (…)].
8. ‘colsa’, ‘repols’ (‘polsar’, mant. ‘ponsar’) [Di ‘n’ da ‘l’ in tali congiunture, v. Apollonio, 48s. ‘ponso’, Meyer-Lübke, It. Gramm., 174. Qui vi aggiungo: antico e moderno ven. ‘ponso’, bol. ‘pons’, polso, vic. ‘pónde’, pulce, valtell. ‘contra’, aratro, ‘culter’, parm. rust., ‘gônder’, ‘older’, udire (vedi il Malaspina, vol. IV, nelle «Giuntee Correzioni»). Ma nel ‘Belcançazii’ (= ‘Belcalzer’) de’ documenti s’avrà ‘l-l’ in ‘l-n’], ‘old’ (‘oldir’, ‘oldentibus’ nel Folengo), ‘golta’. ‘Ase’ assai, ‘ple’ piato.
Vocali atone – 9. È notevole la franchezza colla quale il Belcalzer riconosce la norma della caduta delle vocali finali tutte [Non mancan certo le ricostruzioni, ma son rare. Quasi sempre però c’è la vocale finale dietro a ç: ‘pexe’ pesce, ‘pasce’, ‘fusse’, ‘-esse’ (solo ‘voles’, che pare aver funzione di condizionale); sempre ‘sangue’ (v. anche ‘segue’) e ‘avre’ apre, ‘covre’ ecc.. Talvolta la mal sicurezza della ricostruzione s’appalesa in ciò che la vocale finale sia ‘-e’: ‘zove’ giogo, ‘anime’ animo, ‘viace’ ‘invrese’, verso].
a. –o: ‘lor’ alloro, ‘pol’ polo, ‘sen’ senno, ‘çif’ cibo, ‘of’ uovo, ‘lad’, ‘amig’, ‘poc’, ‘fred’ freddo, ‘taremot’, ‘orfan’, ‘phylosoph’, ‘anim’, ‘porc’, ‘corf’ corvo, ‘repols’, ‘ay’ aglio, ‘mey’ meglio, ‘ocl’ occhio, ‘vecl’ vecchio, ‘piocl’ pidocchio, ‘mascl’ maschio, ‘invern’, ‘quatr’, ‘negr’, ‘vedr’, ‘monstr’ [Gli esempi come ‘ventr’, ‘vedr’, ecc. sono particolarmente notevoli, soprattutto se comparati ai mantovani ‘vèntar’, ecc. (ma ‘ventr’ prevocalico). Anche il Salviati ha ‘spulcr’, Cipr. Non andremo tuttavia errati, ammettendo che un per quanto lieve elemento vocalico s’interponesse tra l’esplosiva e il ‘r’; e un accenno ad esso s’ha forse nell’ ‘i’ di ‘altirtante’, altrettante], ‘-inclin’ io inclino, ‘met’ io metto, ‘vezom’ vediamo, ecc.
b. –i (…): ‘flor’ fiori, ‘nerf’ nervi, ‘ocl’ occhi, ‘part’ parti, ‘molt port’ molti porti, ‘altr membr’, ‘bon costum’, ecc. – ‘tu met’, ‘tu reprem’.
c. –e : ‘vid’ vite, ‘lez’ legge, ‘cener’ cenere, ‘oreves’ orefice, ‘carn’, ‘ventr’, ‘padr’, ‘madr’, ‘dexembr’; ‘sempr’, ecc., ‘sedir’, ecc. ‘tem’ timet, ‘nas’ ‘nasc’ nasce, ‘cress’ cresce, ‘ard’, ‘remof’ rimuove, ‘resolv’, ecc., ‘vols’ volle, ‘cognof’ conobbe, ‘-af’, ecc.; infine le voci della 3a cong. sing. Della 1a coniug.: ‘somen’, ‘illumen’, ‘e clarifich’, ‘guard’, ‘devent’, ‘bass’, ‘dubit’ in una delle Tavole. Una particolar menzione va fatta dei nomi uscenti in ‘-iŏ’, i quali, caduta la vocale finale, danno ’iy’ (‘odiy’ odio, ‘oliy’ olio, ‘servixiy’ servizio, ecc.). Questo ‘-iy’ (…) vuol certo esser letto come y [con quantità beve], risalendosi così a ‘-ĭjo’ (‘odijio’, ecc.). Questa genesi dell’ ‘i’ (…) alto-italiana, quale ultima risultanza di ‘–iŏ’, ha bella conferma dal napoletano ‘vízejo’, vizio, è più ancora dall’ ‘-ăi’ (‘vízzai’, ‘guidízzai’, ‘uffízzai’, ‘sacrífizzai’, ‘prézzai’, ‘sázzai’ sazio, ‘dalü’vvai’ diluvio, ‘prémai’, ‘prasépai’, ‘dü’bbai’, ‘pürg attorrai’, ecc.) di B. Valbregaglia (v. Ascoli, AGJ II 443, dove sono gli esempi numerosi di ‘e’ postonico in ‘a’) da ‘-ăjo’, ‘ĕjo’ (cfr. ‘servicei’, servizio, nella versione bregagliotta dello Stalder), ‘-ĭjo’.
10. Soprattutto davanti a ‘r’ (…), è frequente il passaggio di ‘e’ postonica ad ‘a’: ‘pàssara’, ‘pavávar’, ‘còlara’ (onde ‘colarich’), ‘-ar’ = ‘-ĕre’ (‘apréndar’, ‘lúsar’, ecc.; ma assai più frequente ‘-er’; cfr. anche ‘çenar’, cenere, ‘miser’, ecc.). Davanti ad altre consonanti, si può dire che l’ ‘a’ originale si conservi (…): ‘rávan’, ‘òrfan’, ‘bùval’ buffalo, ‘là val’lo lava, ecc. (ma ‘involçel’ e ‘vestel’) [Questo del trattamento dell’ ‘a’ postonica, è uno dei punti in cui più s’accordano il Belcalzer e il dialetto modenese di Mantova, che appunto ha ‘-ar’ = ‘-ĕre’, ‘papávar’, ecc., ‘marezzant’ ruminano ‘meriggiano’ nel Folengo, e dove ogni ‘e’ postonica, in quanto rimanga (…) è ridotto ad ‘a’ (…)]. Sempre ‘-vol’ = ‘-bĭle’.
Consonanti. 11. Lj – è ridotto costantemente a ‘j’ (‘iy’): ‘ay’ aglio, ‘mey’ meglio, ‘luy’ luglio (…). ‘-li’ è, con uguale costanza, ridotto a ‘-y’ (‘cavay’, ‘viy’ vili, ‘povoy’ popoli, ecc.). Nj – riesce a ‘ñ’; il quale è reso per ‘gn’, ‘ngn’, e, soprattutto se finale, per ‘ng’ (…): ‘agnol’, ‘besogn’, ‘tengnui’, ‘senga’, ‘seng’, ecc.). ‘-ni’ è pure ridotto a ‘ñ’ nella voce ‘ang’ anni ’98 e negli sdruccioli ‘omeng’, ‘folmeng’, ‘orfang’, ‘pampang’.
12. Cl ecc.: ‘clarera’, ‘orecla’, ‘ocl’, ‘mascl’; ‘glande’, ‘glesia’, ‘ongle’; ‘plasir’, ‘plu’, ‘plopa’ pioppo, ‘blaf’, ‘blanc’, ‘nibl’ nibbio; ‘flor’, ‘flevol’, ‘fladar’. Se ora si considera che si hanno ‘fiel’ flagello, ‘fià’ fiato, ‘infià’, ‘enfio’; e che d’altra parte il ‘pienixement’ di 120 andrà certo restituito per ‘pienixemament’, il bell’edificio del Belcalzer cade subito, almeno per quanto riguarda ‘fl’ e ‘pl’. Quanto a ‘cl’, ‘gl’, non faccio nessun assegnamento su ‘morçia’ che sarà ‘xamurcia’, né su ‘onga’, che invece di ‘onģa’ potrebbe essere un mero sbaglio per ‘ongla’; ma mi impensieriscono ‘acagliá’ quagliato; e un po’ anche ‘oregle’ [‘acaglia’ potrebbe cioè essere ‘acaĝlió’ e andare con ‘chiave veglieza’, ecc., di qualche documento veneto (…); ma non si vorrebbe escludere ‘acala créle’ in un territorio che è tanto prossima alla Venezia. C’è anche ‘formagl’ formaggio, che potrebbe andar con ‘oregle’, dato che questo fosse ‘oreĝle’, e ricostruire male la base ‘formać’. Se poi ‘masch’ non è un errore per ‘mascl’, potremo forse ravvisare nel ch un ‘ó’ (cfr. ‘chiamar’ in docum. della Venezia).
13. Il ‘v’ riuscito fin si riduce, come nel mantovano, milanese, ecc. a ‘f’, ‘nof’, ‘blof’, ‘corf’, ‘cognof’ conobbe, ‘guastaraf’, ecc.
14. ‘peit’ petto, ‘friute’(…) [C’è anche il gallico ‘guaytar’ (cf. il pure esotico ‘afaytar’, dei panni, negli Statuti, IV, 10). E non sarà in fondo un gallicismo anche ‘fruite’? Ricordo quanto a questo proposito ho detto in AGI XIV 234n, aggiungendo che il Belcalzer ha appunto ‘fruite’ nel senso conviviale, ‘frut’ negli altri sensi]. Due esemplari non limitati al nostro testo e che però nulla dicono [Il mantovano ha sempre ‘t’ = ‘ct’. Ha però, insieme al bresciano, al cremonese, al piacentino (…), al parmigiano, al modenese, al mirandolese, la voce ‘téc’ tetto. Il reggiano ha invece ‘tegg’ (‘tég’), onde è ben probabile che in origine avesse la sonora anche il ‘tec’ degli altri dialetti, e che questa, ridotta a sorda perché finisse di esser ritenuta sorda anche etimologicamente (onde ‘teció’ bresciano; ‘tecén’ parmigiano, ecc.). Saremmo dunque a ‘tegulu’; dalla qual base si poteva del resto venire alla sorda, per quella via ancora inesplicata, per cui s’ha il veneziano, parmigiano, ‘técá’ (piacentino ‘tićća’), ‘tegghia’.
15. Dentali. [Il mantovano si trova, anche quanto al trattamento delle dentali, suppergiù nelle condizioni del lombardo occidentale e dell’emiliano. Cade il –d- primario in ‘raís’, ‘mióla’ midolla, ‘pioć’ pidocchio, ‘gnal’, cioè ‘njal’, ni-al, nido, ‘-ĭdo’ (‘tórbi’, ‘sóli’, ‘mórbi’); il secondario, da ‘t’, in ‘seia’ (contad.) setola, ‘crea’ creta (allato a ‘creda’; cfr. bergamasco ‘crea’, trevigiano ‘teraclea’ argilla, e fors’anche cremonese ‘grega’ = ‘grea’), ‘bèola’ betulla, ‘grezar’ gradire ‘gradeggiare’, ‘mnuája’ minutaglia (forse direttamente su’mnú’), ‘smissiar’ destare (all. a ‘smesdár’), ‘ganzaiga’ merenda (…), ‘grúgol’ e ‘rigolar’ (…), ‘fraia’ gozzoviglia, che sarà un venetismo. Finale può cadere, sia esso primario o secondario: ‘cru’ crudo, ‘brö’ brodo, ‘palú’ palude, ‘nvó’ nipote, ‘re’ rete, ‘se’ sete, (…), ‘marí’ (‘manod’, ‘möd’, ‘nud’) (…)]. ‘Piocl’, ‘nin’, nido, nidino, ‘ragis’ radice (‘vegar’, vedere, del cui ĝ però gioverà per avventura portar diverso giudizio), ‘gravia’ (…). Il -d- secondario rimane (‘fradey’, ‘ledam’, ecc.). Ma riuscito fin, e può resistere, e può cadere [Talvolta compar ‘-t’ al posto di ‘-d’: ‘moscat’, ‘tuít’… nel particolare prevalgono di gran lunga le forme senza –d. Il femm. è ‘-áda’, ecc., salvo che in ‘nodriga’, ma il ‘meiora’ della stessa pag. sarà piuttosto ‘meiósa’), (…), di cui però si noti ch’è in funzione d’ausiliare (…)]: ‘sta’ o ‘estad’ estate, ‘la’ e ‘lad’, ‘figó’ e ‘figad’ fegato, ‘di’ e ‘did’ dito, ‘pra’, ‘pald’ palato, ‘ple’ piato, ‘mari’, ‘axé’, ‘dre’, ‘penud’, ‘stranud’, ‘cored’ (…), -dr- resiste: ‘nedris’, ‘padr’; ‘desidros’.
(…)
II. Osservazioni morfologiche
17. Allato alla forma ‘i’ del maschile plurale, la quale s’adopera dai nomi comincianti per vocale (‘i of’, ‘i ocl’, ecc.) e talvolta dietro a par finienti pure per vocale (‘e y temp’ ecc.), si hanno correntemente, davanti a consonante, le forme ‘ie’ (‘je’) ed ‘ey’ (‘ej’). Quest’ultima risponde senz’altro a ‘egli’; quella attraverso ‘ji’, ci ‘gli’ (…).
Pronome. 18. Colle quali forme dell’articolo vanno confrontati il proclitico soggetto ‘ey’, essi, (‘ey reven’, ritornano), e il proclitico oggetto ‘ie’ (‘ie guasta’, li guasta), e così pure il dativo ‘ie’, enclitico e proclitico (‘ie dol’, ‘romper ie’ rompergli). Cfr. anche ‘ie’ avv. Pronominale atono (‘metuie’ messovi).
Nome. 19. (…) [S’intende che, di solito, la caduta della vocale finale imposti la coincidenza tra i due numerali. Il plurale della 1a è sempre in ‘-e’, come ancora oggidì nel dialetto cittadino della gente civile. Il contado invece e qualche strato cittadino (operai, israeliti) hanno ‘-i’ ben antico (…) e ritorna nella versione salviatesca (‘insolentis’ insolenze, ‘coli’ quelle, ‘mij’ miei)]. Qui aggiungiamo ‘somelex’ lampeggiamenti (…), ‘sóres’ (sing. ‘sóreg’ sorcio), ‘antis’ (sing. ‘antig’), ‘medes’ (sing. ‘medeg’), ‘venedes’ che sarà ‘vene’des’ plurale di ‘venédeg inimis’ (sing. ‘amig’), ‘póles’ polli (…).
Verbo. 20. Di verbi in ‘-ēre’ riusciti foneticamente ad ‘ir’ (…). Di ciò nulla più sa il mantovano odierno – Talvolta, invece, ha luogo, come nel mantovano, il trapasso dalla 2a alla 3a: ‘lúsar’ rilucere, ‘témar’ temere, ‘végar’ vedere.
21. La 1a plurale dell’indicativo (e quindi del futuro), del congiuntivo e dell’imperativo esce per ‘-óm’ [Mancano ‘-óm’ ed ‘-ón’ al dialetto di città; ma la poesia rustica di cui è un saggio in Cherubini, p. XV, e ch’è riprodotto per intiero dal Biondelli, Saggio 425-7, ha sempre ‘-óm’ (…). E questo ‘-óm’ contadinesco m’è del resto guarentito da persone della città] od ‘-ón’ [Circa al ‘-n’, notisi che il mantovano ha normalmente ‘-n’ come uscita della 1a plurale di base sdrucciola (‘aveván’ avevamo, ‘avéssan’ avessimo), ma ‘-m’ in quelle di base piana (‘arem’, ‘ariamo’, ecc.): ‘dom’, ‘referiscom’, ‘avom’, ‘veçom’, ‘sapiom’, ‘vederom’, ecc.; ‘digon’, ‘laxon’, ‘apellon’ (…), ‘nummon’ (…).
22. Ricordiamo le importanti forme di 3a coniugazione [Bella la coniugazione del congiuntivo ‘deceat’ in ‘deza’], della 1a coniugazione come ‘guard’, ecc. (…)
23. L’infinito conserva, come nel mantovano odierno, il ‘-r’, eccetto che nell’ausiliare ‘fi’ (…) e forse in ‘pedí’ [La versione salviatesca ‘n’ conosce invece che infiniti senza ‘-r’: ‘ndà’, ‘vuhgni’ venire, ‘possi’ potere, ecc. – Per il ‘-r’ non infinitivale, il Belcalzer ha ‘febré’ febbraio, esempio unico e però sospetto].
24. Il ‘ger-‘ e il part. Pres. Confluiscono foneticamente e sintatticamente nell’unico ‘-ant’.
25. […] Notevole il participio ‘movost’, ‘comovost’, mosso, commosso (…) [Il Meyer-Luebke già accenna a Mantova come limite occidentale dei participi in ‘-ésto’. Si noti però ch’essi sono propri solo della parlata rustica. – Ha una ragione propria ‘movesto’, che occorre, unico, anche nel Folengo].
III. Osservazioni lessicali
‘Gregesch’; cfr. ‘greghesco’ nel Folengo.
Franca Ageno
C. Salvioni
V. Cian
Ubaldo Belcalzer
Bartolomeo Anglico
Vivaldo Belcalzer
Guido Bonacolsi
Bonvesin
Giacomino da Verona
Arrivabene
Salviati
Folengo
Parodi
Meyer-Lübke
Malaspina
B. Valbregaglia
Stalder
Mantova
Verona
Cremona
Parma
Reggio
Asti
Venezia
Le carte sono state numerate a lapis.
Caterina Canneti
Elisabetta Benucci