U. D. Manoscritto
Franca Brambilla Ageno
Appunti, lezione sui formalisti russi (cc. 235-240)
ante 1968
1968
6 cc.
Si descrivono qui di seguito alcune carte relative a lezioni di Franca Ageno sui formalisti russi (cc. 235-240):
"Chi voglia approfondire la conoscenza dei formalisti russi, può leggere il bel volume di Victor Erlich, “Il formalismo russo”, pubblicato in buona traduzione italiana da Bompiani, Milano 1966. Vi è poi una buona antologia dei loro scritti curata da Tzvetan Todorov, con prefazione di Roman Jakobson, “I formalisti russi”, Torino, Einaudi, 1965. Nella collana ‘La cultura. Saggi di arte e letteratura 14 del Saggiatore’, Milano, 1968, è uscito di uno dei maggiori formalisti, Jurii Tynjanov, “Il problema del linguaggio poetico”. Importanti inoltre le “Questions de poétique” di Roman Jakobson, Paris, Éditions de Seuil, 1973; e il saggio “Linguistics and Poetics”, in T. A. Sebeok ed., «Style in Language», New York, 1960, poi tradotto in R. J., “Essais de linguistique générale”, Paris, Les éditions de Minuit, 1963; e cfr. “Saggi di linguistica generale”, Milano Feltrinelli, 1966.
Il movimento formalista russo nacque tra il 1915 e il 1920, in relazione col movimento futurista (che in Russia ebbe carattere e sviluppo molto diversi da quelli che ebbe in Italia) ed ebbe come centri l’Opojaz (= Società per lo studio del linguaggio poetico) di Pietroburgo e il Circolo linguistico di Mosca. Gli anni fra il 1916 e il 1920 furono anni di lotta e di polemiche: non dimentichiamo che sono anche gli anni della guerra e della rivoluzione. Una formulazione organica delle prime posizioni formaliste si ha nella raccolta collettiva di saggi intitolata “Poetica”, pubblicata a Pietrogrado nel 1919, e nel saggio di Roman Jakobson sulla “Poesia Russa moderna”. Una caratteristica notevole dei primi lavori formalisti fu l’atteggiamento combattivo e polemico nei riguardi delle correnti critiche del tempo e del simbolismo. Preminente è l’interesse per la forma esterna e per l’aspetto fonico del segno verbale. La supremazia del suono sul significato venne esplicitamente affermata da Viktor Sklovskij, il capo riconosciuto dell’Opojaz. Jakubinskij cercò di dimostrare l’autonomia del suono nel verso, distinguendo tra linguaggio pratico, in cui i segni linguistici servono soltanto come mezzo di comunicazione, a altri tipi di linguaggio in cui i suoni hanno valore in sé. Boris Eichenbaum esaminò “Il cappotto” di Gogol interpretato come un capolavoro di stilizzazione grottesca. Viktor Sklovskij in un altro saggio, “L’arte come artificio”, considerato come il manifesto della scuola, negò che l’immagine poetica fosse, come era stato insegnato da autorevoli maestri, un espediente pedagogico atto a spiegare l’insolito col solito. Al contrario, secondo Sklovskij l’uso poetico dell’immagine consiste proprio nel trasferimento dell’oggetto rappresentato su un piano diverso di realtà: l’abituale è così reso singolare e si presenta come se venisse visto per la prima volta. L’arte del poeta restituisce freschezza e autenticità al mondo. L’artificio, concepito come tecnica deliberatamente scelta per “fare” l’opera di poesia, dando forma allo strumento, cioè al linguaggio, e deformando la materia, cioè la “realtà”, divenne la parola d’ordine e il grido di battaglia del formalismo. Alcune delle più audaci affermazioni formaliste giunsero a negare ogni valore alle considerazioni d’ordine sociale o ideologico. “L’arte è sempre stata indipendente dalla vita”, scrisse Slovskij, “e il suo colore non ha mai riflesso quello della bandiera che sventola sulla fortezza della città”. E Jakobson non esitò a sostenere che “incriminare il poeta per le idee e i sentimenti [rappresentati nella sua opera] è assurdo quanto il comportamento del pubblico medievale, che picchiava l’attore che aveva impressionato Giuda”. Il nuovo movimento critico si sviluppò rapidamente, e nel 1920 venne fondata la “Sezione di storia della letteratura” presso l’Istituto Nazionale di Storia dell’Arte di Pietrogrado. Il presidente della sezione era Viktor Zirmunskij, un erudito storico e teorico della letteratura, e al centro di ricerca letteraria appartenevano, oltre ai membri della vecchia guardia dell’Opojaz, parecchi neofiti della teoria formalista, di cui alcuni, come Tomaševskij e Tynianov, contribuiscono in modo notevole a svilupparla e modificarla; altri, come il linguista Viktor Vinogradov, dovevano ben presto occupare posizioni di rilievo ai margini del movimento. Mentre l’Opojaz, rafforzato dall’adesione di alcuni brillanti neofiti, come Tynianov, rimaneva il centro del formalismo militante la maggior parte dell’attività didattica e pubblicistica formalista fu svolta dal 1921 presso il nuovo Istituto. Il Circolo linguistico di Mosca, invece, non ebbe una parte significativa all’interno del movimento formalista dopo che Roman Jakobson, nel 1920, ebbe lasciato Mosca per Praga. I problemi della narrativa acquistarono sempre maggior importanza nell’indagine formalista. Viktor Sklovskij fece seguire a un suo primo saggio, “Il rapporto fra gli artifici nella costruzione della trama e gli artifici stilistici in genere”, una serie di studi sul meccanismo del romanzo e del racconto. Il principale oggetto di studio rimase però la poesia. Si andò sperando un significativo spostamento d’accento: si perdette il fascino della “parola valida in sé” e si prestò maggiore attenzione all’apparato lessicale e fraseologico. La “semantica poetica” divenne parte vitale della teoria del verso per opera di Zimurnskij e Vinogradov, Tomaševskij, Jakobson. L’inscindibile legame tra ritmo e sintassi e la loro interdipendenza divenne il motivo conduttore dell’analisi formalista verso il 1925. Lo spostamento d’accento nel lavoro teoretico portò con sé sempre più frequenti incursioni nella storia della letteratura. I formalisti si limitavano a studiarne le componenti. Ma anche il concetto di forma era cambiato e si era approfondito. “Un’opera letteraria”, aveva affermato Sklovskij nel 1921, “è la somma complessiva di tutti gli artifici in essa contenuti”. Questo concetto “meccanicistico” fu sostituito da quello di “sistema” estetico, in cui ogni artificio ha una determinata funzione. Lo sviluppo della scuola formalista russa portò con sé anche una differenziazione. Mentre i leader dell’Opojaz erano soprattutto studiosi della letteratura che si rivolgevano alla linguistica per trovarvi una serie di strumenti concettuali necessari a trattare problemi della teoria letteraria, i moscoviti invece erano essenzialmente studiosi del linguaggio e trovavano nella poesia moderna il banco di prova dei loro assunti metodologici. Per Sklovskij ed Eichenbaum lo studio del linguaggio rappresentava una disciplina parallela a quella dello studio della letteratura o meglio, la più importante delle discipline ausiliarie; per Jakobson la poetica era parte integrante della linguistica. Per Zirmunskij, il formalismo rappresentò, non già una concezione generale della letteratura e degli studi letterari, bensì un interesse per un certo numero di problemi e in particolare per le questioni dello stile poetico nel senso più ampio della parola. L’errore della posizione critica dell’Opojaz, secondo Zirmunskij, era di confondere una sfera di ricerca scientifica con un metodo d’indagine e di fare di questo metodo una ‘Weltanschauung’ globale. Criticando la prima affermazione di Jakobson sull’artificio come “unico interesse della teoria letteraria”, Zirmunskij sostenne la necessità di un pluralismo metodologico."
Franca Ageno
Victor Erlich
Tzvetan Todorov
Roman Jakobson
Jurii Tynjanov
Viktor Sklovskij
Jakubinskij
Boris Eichenbaum
Gogol
Viktor Zirmunskij
Tomaševskij
Tynianov
Viktor Vinogradov
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Russia
Pietroburgo
Mosca
Praga
Le carte sono state numerate a lapis.
Caterina Canneti
Elisabetta Benucci