U. D. Manoscritto
Franca Brambilla Ageno
Appunti, lezione sullo Strutturalismo (cc. 270-277)
ante 1968
1968
4 cc.
Si descrivono qui di seguito alcuni appunti di Franca Brambilla Ageno per le sue lezione sullo Strutturalismo (si riportano qui le carte relative all’introduzione sull’argomento, cc. 270-277):
"Senso del passaggio dal formalismo allo strutturalismo
La critica letteraria parla la lingua del suo soggetto: è un metalinguaggio, «discorso su un discorso»; ma ciò che è segno presso lo scrittore (l’opera) diventa senso presso il critico (in quanto oggetto del discorso critico), e d’altronde ciò che era senso presso il critico (in quanto tema e simbolo d’una certa natura letteraria). A parte qualche inflessione, lo scrittore utilizza la medesima lingua degli altri che se ne servono, ma non la usa né nello stesso modo né con lo stesso fine: materiale identico, funzione diversa. Presso i formalisti russi, la dimenticanza temporanea del contenuto, la riduzione provvisoria della “letterarietà”, della letteratura al suo essere linguistico, dovevano permettere di rivedere qualche assioma, vecchio assioma concernente la verità» del discorso letterario, e di studiare più da vicino il sistema delle convenzioni. Si era così a lungo considerata la letteratura come un messaggio senza codice, che poteva essere necessario considerare per qualche tempo come un codice senza messaggio. Il metodo strutturalista si costituisce come tale nel momento preciso in cui si ritrova il messaggio nel codice, liberato mediante un’analisi delle strutture immanenti, e non più imposto dall’esterno da pregiudizi ideologici. Questo momento si presenta abbastanza presto, perché l’esistenza del segno, a tutti i livelli, riposa sul legame di forma e di senso. Tra il puro formalismo, che riduce le forme letterarie a un materiale sonoro alla fin fine informe perché non significante, e il realismo classico, che accorda a ciascuna forma un «valore espressivo» autonomo e sostanziale, l’analisi strutturale deve permettere d’isolare il legame che esiste tra un sistema di forme e un sistema di senso, sostituendo alla ricerca delle analogie termine a termine quella delle analogie globali (G. Genette, “Figures. Essais”, Paris, Éditions du Seuil, 1966, pp. 145-151).
Strutturalismo
Nello strutturalismo c’è una grande bipartizione genetica (C. Segre, “I segni e la critica”, Torino, Einaudi, 1969, pp. 19-28): da una parte la struttura messa in luce dai linguisti, dall’altra la struttura messa in luce dai filosofi. Nell’impostazione di tipo linguistico, si considera l’opera letteraria come un contesto di parole, per dirla con espressione dantesca, ‘per legame musaico armonizzate’. Queste parole vengono sottoposte a un’analisi, che è analisi di differenze: chiedersi ‘perché lo scrittore s’è espresso così?’ è spesso come chiedersi ‘perché non si è espresso in un altro modo?’. Su questa base comune si moltiplicano subito le divergenze: dipendenti sia dalla diversa definizione dell’area di possibilità alla quale riportare le scelte linguistiche dello scrittore, sia dalla preferenza per diversi tipi di rilievi sul contesto dato. L’analisi più capillare delle scelte è quella che si opera nei limiti del linguaggio dello stesso autore. In casi particolarmente fortunati (esistenza di varianti redazionali), si sa quale lezione o quali lezioni abbiano disputato la preferenza a quella poi definitivamente accolta. Estendendo le osservazioni ad altre scelte, si possono cogliere o intravedere le tendenze che hanno guidato lo scrittore nelle sue decisioni. Non per nulla gli esempi più antichi e convincenti d’analisi strutturalistica in Italia appartengono alla critica delle varianti. L’etichetta strutturalistica può essere applicata a questo tipo di analisi quando venga portata a contatto col sistema linguistico d’un autore, o meglio ancora quando venga riferita alla struttura portante dell’opera d’arte. La scelta stilistica infatti è determinata dalla funzione che viene conferita dall’insieme del contesto alle lezioni accolte, ognuna delle quali svolge un ruolo preciso nella disposizione della narrazione o nell’armonizzazione dei momenti lirici. Si tocca così un punto fondamentale per l’analisi delle scelte linguistiche. Si potrebbe dire che le scelte dello scrittore vengono effettuate attraverso una messa a punto progressiva, che interessa prima la fisionomia linguistica, poi la funzionalità specifica. I fattori attivi della fisionomia linguistica dello scrittore sono le sue inclinazioni, la sua cultura, il suo gusto, che privilegiano certi tipi di parole e di espressioni rispetto a certi altri, determinando il cosiddetto “linguaggio dello scrittore”. Le scelte sono qui attuate sul piano della selezione (tra possibili “omonimi” di cui l’autore si serve). Il fattore attivo della funzionalità specifica è il calcolo dell’azione che ogni parte del discorso viene ad esercitare entro il contesto cui appartiene. Le scelte si attuano sul piano della combinazione a distanza, tenendo conto cioè dei rapporti in cui l’elemento scelto verrà a trovarsi con gli altri che costituiscono il contesto poetico. I critici portano il loro interesse o prevalentemente sulla fisionomia linguistica o prevalentemente sulla funzionalità specifica. Il primo esempio di analisi funzionale del linguaggio poetico è stato offerto da Avalle con “Gli orecchini” di Montale (1965). I due tipi di operazione dovrebbero essere complementari. Ma gli elementi di giudizio e gli strumenti di analisi sono diversi. Per definire la fisonomia linguistica di un autore, possono essere applicati i metodi linguistici in senso proprio, dato che i fenomeni rientrano nelle categorie grammaticali in tutta la loro estensione (compreso il lessico). Lingua e stile dell’autore vengono rapportati a un sistema linguistico-stilistico trascendente realizzato in parte nel contesto. Se si studia la funzionalità specifica, il campo d’osservazione è limitato al contesto: quest’ultimo costituisce il sistema e le potenzialità interessano solo nella misura in cui sono attualizzate. I metodi descrittivi strutturalistici vengono da un lato limitati – perché il contesto esaurisce il sistema e perché i rapporti di opposizione, neutralizzazione, ecc. sono bloccati definitivamente ai nessi che han permesso di realizzare il contesto, e che vengono evidenziati attraverso una considerazione sinottica delle parti correlate nel contesto stesso – dall’altro ampliati, ma in senso metaforico. Potremo cioè indicare rapporti tra immagini, momenti dell’azione, espedienti drammatici che nel contesto dell’opera si dispongono secondo gli schemi dell’opposizione, della neutralizzazione, ecc., suggeriti dallo strutturalismo; ma non si tratterà più di rapporti linguistici, bensì di rapporti poetici. “Da ciò che s’è detto… risulta forse una possibilità di divisione territoriale tra lo studio linguistico-stilistico e quello funzionale dei contesti, tra l’uso proprio e quello metaforico del metodo strutturalistico. Ma tra i primi e i secondi termini di queste due coppie c’è uno spazio mentale che dev’essere ben esplorato. Occupa questo spazio la fiducia o il miraggio d’una fondazione scientifica della critica letteraria: sogno ricorrente sin da epoche remote, ma divenuto ossessivo oggi che la scienza ha mostrato di sapersi annettere regioni da cui era precedentemente esclusa. A questo proposito, si deve meditare su quanto scrive Starobinski: “Le strutture non sono cose inerti né oggetti stabili. Esse emergono a partire da una relazione instaurata tra l’osservatore e l’oggetto; si destano in risposta a una domanda preliminare, ed è in funzione di questa domanda posta alle opere che si stabilirà l’ordine di preferenza dei loro elementi decifrati. È al contatto con la mia interrogazione che le strutture si manifestano e si rendono sensibili, in un testo da molto tempo fissato sulla pagine del libro. I diversi tipi di lettura scelgono e prelevano strutture preferenziali” (in “Strutturalismo e critica”, Premessa al “Catalogo generale 1958-1965 del Saggiatore”, Milano, Il Saggiatore, 1965, p. XIX). Le strutture dell’opera d’arte, insomma, non stanno lì, salde nella sua polpa e pronte ad apparire sullo schermo di precise sonde acustiche, e nemmeno sono una costruzione del critico, utile ad allineare in ordine la massa sfuggente dei suoi prelievi. Le strutture dell’opera d’arte sono le linee di contatto tra un particolare tipo di accostamento e una particolare opera d’arte. Quanto più affinata la capacità di lettura del critico, tanto più comprensive e rivelatrici le strutture individuate. Lo strutturalismo suggerisce un modo più organico di osservare l’opera letteraria: supera le notazioni locali e le degustazioni episodiche che per additare le grandi linee dell’opera e valorizzare richiami e contrasti interni che alle degustazioni episodiche sfuggirebbero; offre un linguaggio critico di notevole efficacia e favorisce le illuminazioni che possono provenire da una terminologia precisa, purché usata con precisione. Lo strutturalismo filosofico, nel mettere in rilievo i caratteri formali dell’opera d’arte, tiene presenti i rapporti che la legano con le altre opere dello stesso genere (il genere si trova in continuo movimento per l’apporto dei singoli artisti, delle diverse situazioni culturali e storiche, ecc.) o con le altre opere dello stesso autore e della stessa epoca (espressione di analoghe spinte formali, che si rivelano, anche se in misura diversa, nell’osservare prodotti coevi della stessa o di diverse arti, o persino prodotti non artistici). È una concezione che si potrebbe dire comparativa. E poiché la comparazione si svolge spesso tra opere non coeve o tra fasi cronologiche, si comprende che l’esigenza storicistica sia considerata soddisfatta in partenza dagli appartenenti a questa corrente critica. Si potrebbe anzi dire che il metodo sistematizzi (talora con rigidità, ma spesso con efficaci risultati espositivi) l’ordine dei rilievi sincronici, ma soprattutto diacronici già presi in esame dalla critica storicistica non strutturale, almeno da quella che orienta le sue prospettive sull’allineamento delle opere piuttosto che degli autori, degli istituti letterari piuttosto che delle particolarità individuali. In questo orientamento sta soprattutto la validità del metodo; nel quale peraltro minaccia di rimanere aleatoria e proteica la definizione stessa di struttura, che può essere a volta a volta forma mentale o direttiva poetica o gusto o genere letterario o modulo stilistico (m’è detto che i fatti artistici si svolgano “concordemente e in bella armonia con lo spirito dell’epoca”). In una considerazione di tipo linguistico stilistico i legami con la storia seguono le linee della storia linguistica. Il comportamento linguistico dello scrittore è definito dal confronto con le varie correnti della lingua del suo tempo, cioè con intensità decrescente, con la lingua degli scrittori affini per contenuti e stile, con la lingua letteraria in genere, con la lingua nella sua totalità. Ci si può proporre di caratterizzare lo scrittore nei confronti della lingua, oppure di determinare l’azione da lui esercitata su di essa. La storia della lingua rispecchia a sua volta la storia della società e della cultura."
Franca Brambilla Ageno
G. Genette
C. Segre
Avalle
Montale
Starobinski
Paris
Torino
Milano
Le carte sono state numerate a lapis.
Caterina Canneti
Elisabetta Benucci