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Scheda di archivio


Collocazione


Livello di descrizione

U. D. Manoscritto

Autore

Franca Brambilla Ageno

Titolo (incipit)

Proverbi nel Poliziano, cc. 41-49

Data Iniziale

1935

Data Finale

1995

Consistenza

8 cc.

Contenuto

Le carte 41-49 riportano alcuni passi dei “Detti piacevoli” del Poliziano, contenenti proverbi e modi di dire. In particolare, Franca Brambilla Ageno si servì di questi esempi, come di tanti altri, per comprendere e osservare l’uso dei proverbi all’interno della fraseologia letteraria degli autori. Qui di seguito forniamo una descrizione delle carte:

c. 41 – Ser Cozzo, notaio fiorentino, lasciò ai figliuoli per testamento questo ricordo: Fate sempre male, e non lo dite; dite sempre bene, e non lo fate (Tagebuch, 170).
c. 42 – Un fanciullino cavalcava in groppa, e’l padre suo in sella , e disse semplicemente: - O babbo, quando voi sarete morto, non cavalcherò io in sella? (Tag., 313).
c. 43 – Tu fai come il pecorino da Dicomano. Ciò vuol dire: Favelli poco e male, tratto da un pecorino, che un contadino da Dicomano, per frodarlo, aveva nascosto in una soma, il quale, non avendo mai fatto un zitto per tutta la via, apunto cominciò a la porta a belare (Tagebuch, 372).
c. 44 – La pace del monaco vuol dire buona pace e mala volontà, perché fu un converso in badia che aveva detto circa quaranta anni i suoi paternostri ogni dì a un Crocifisso, e poi gli cadde in capo e ruppeglielo; non gli voleva perdonare, ma, stretto dal priore, fe’ in fine pace, dicendo nondimeno esserci tuttavia la mala volontà (Tagebuch, 406).
c. 45 – E io pazzo andai a impacciarmi con fanciulli – Questo disse uno che aveva divozione in quel Domenedio picciolino di Orto San Michele, che disputa, il quale, poi che ebbe accese molte candele, perdé il piato di che si era a detto Domenedio più volte raccomandato (Tagebuch, 407).
c. 46 – Eravi un molinaccio. Questo proverbio è accomodato a chi dice qualche bugia e non la può sostentare. Il Regola contentava di avere rotto in mare e a nuoto essere scampato in uno luogo deserto, dove non era nulla da mangiare. Domandato: O come avesti tu? – disse che s’avea mangiato un Tedesco, e cottolo sui carboni. E dimandato: - O donde avesti il fuoco? – diceva che sempre portava seco il focile, e ogni pietra è focaia. E pure dimandato: - O le legne, donde l’aveste ricorse? – diceva: - Quivi era un molinaccio guasto, e caca sangue ti venga! – (Tagebuch, 408).
c. 47 – Il Cortona fu uno che sonava la cornamusa, sempre facendo un verso medesimo, e quando e fanciulli dicevano: Cortona, muta verso, diceva: Muta quel muro tu. E da lui è tratto il proverbio La cornamusa del Cortona (Tagebuch, 374; Serdonati III, 52a).
c. 48 – L’Arcivescovo, visitando la sua chiesa, trovò dove suole stare il Sacramento, una civetta. Si scusò di questo il Piovano, dicendo che in quel popolo non vi si adoperava sacramento, perché tutti e suoi popolani erano appiccati (Tagebuch, 349; Arlotto 19).
c. 49 – Un altro [pover uomo], avendo rappezzato un mantel bigio con una toppa di panno rosato fino, essendo ripreso e dileggiato, disse: Così fusse egli altrove! (Tagebuch, 90).

Nomi

Franca Brambilla Ageno
Poliziano
Serdonati

Ordinamento

Le carte sono numerate a lapis.

Scheda a cura di

Caterina Canneti

Revisione a cura di

Elisabetta Benucci